Scuol@Europa

Organo della Federazione Nazionale Insegnanti Centro di  Iniziativa per l'Europa (FENICE)

Anno II  n.4  -  Ottobre 2007

 

Una competenza chiave:

la comunicazione linguistica in una dimensione plurilingue

Anna Rosa Guerriero

Nell’insieme dei documenti relativi alla politica linguistica dell’Unione Europea, il Quadro di riferimento europeo delle competenze chiave per l’apprendimento permanente è uno dei testi basilari elaborati a partire dagli esiti del Consiglio di Lisbona. In tale documento le competenze linguistiche nella madrelingua e nelle lingue straniere sono indicate tra quelle fondamentali e necessarie a tutti i cittadini di società ed economie basate sulla conoscenza. Il pieno controllo della comunicazione linguistica mette infatti in grado di interagire nell’intera gamma di contesti culturali e sociali e realizza il diritto alla parola come parte integrante dei diritti di cittadinanza. Data la centralità della facoltà di linguaggio per la specie umana, lo sviluppo delle competenze linguistiche è dunque fondamentale per la crescita intellettuale, affettiva e sociale di ogni essere umano. Per questo qualunque progetto educativo non può non collocare l’educazione linguistica al centro di una rete di relazioni e intersezioni molteplici con tutte le altre aree di apprendimento. Un tratto fortemente caratterizzante la storia linguistica del nostro paese è il plurilinguismo, che registra la coesistenza e la convivenza di idiomi diversi e varietà della stessa lingua entro i confini di uno stesso territorio. Alla varietà degli idiomi storicamente insediati sul nostro territorio nazionale si aggiunge la varietà delle lingue di immigrazione parlate dai bambini stranieri sempre più presenti nelle nostre aule. Oltre al già ricordato processo di elaborazione dei documenti del Consiglio d’Europa, che sollecita l’esigenza di ampliare lo spettro delle lingue nell’offerta formativa, è anche il progressivo diffondersi nella nostra scuola di una realtà multilingue e multiculturale che contribuisce a modificare la prospettiva dell’insegnamento / apprendimento delle lingue: oggi più che mai l’educazione linguistica è educazione al plurilinguismo. La scelta di una prospettiva unitaria sulle lingue è essenziale per lo sviluppo della competenza linguistica e comunicativa globale dell’allievo. Al plurilinguismo interno, che è tratto specifico della situazione linguistica italiana (italiani regionali, dialetti, registri linguistici, ecc.), si affianca l’apertura verso più lingue europee. Il plurilinguismo esteso può diventare una risorsa educativa molto potente. Occorre dunque ripensare l’approccio alla didattica linguistica, andando oltre la prassi prevalente – le lingue vengono insegnate isolatamente l’una dall’altra – ed impostando modelli di educazione linguistica integrata che facciano sistematicamente ricorso alla comparazione tra più lingue e non ignorino capacità linguistiche e metalinguistiche pregresse degli apprendenti. In questa prospettiva una classe plurilingue offre la condizione ideale per una metodologia che può comunque applicarsi anche solo all’italiano ovvero all’italiano e alla lingua straniera studiata. Esperienze già condotte in tal senso rivelano che è molto efficace indurre meccanismi di scoperta su lingue nuove e sconosciute alla maggior parte degli studenti, e favorire la formulazione di ipotesi e verifica su un’ampia base di dati. Gli allievi sono indotti a riflettere e confrontare aspetti della struttura della lingua italiana, aspetti della struttura delle lingue straniere e a riflettere sugli stessi strumenti utilizzati per l’analisi linguistica. Inoltre, il creare situazioni di comunicazione reale tra gli studenti diventa motivante per tutti, e permette di valorizzare l’eventuale presenza di allievi stranieri in quanto portatori di un loro patrimonio linguistico e culturale. Al centro dell’attività didattica va comunque posta la duttilità delle lingue, le modalità dell’adattamento alla varietà di situazioni in cui si usano, le potenzialità espressive e comunicative che sono offerte dalla coesistenza di varietà – geografiche, sociali, situazionali, stilistiche ecc. – che consentono al parlante esperto di operare scelte coerenti con gli scopi e le situazioni del-la comunicazione. Attraverso lo studio di più lingue, l’allievo accresce la sua capacità di comunicare e amplia quindi le sue possibilità di interazione sociale; potenzia la sua mobilità cognitiva; è messo in condizione di sperimentare contenuti, visioni del mondo, modi di pensare e di agire diver-si da quelli legati alla comunità linguistica cui appartiene; può confrontare codici e sistemi diversi, attraverso la riflessione metalinguistica, e potenziare le capacità di astrazione e di pensiero formale. Queste dimensioni dello sviluppo (sociale, cognitiva, culturale, metacognitiva) dovrebbero essere presenti, pur con accenti e pesi diversi, negli insegnamenti della lingua materna e delle lingue straniere lungo tutto il percorso di studio. In sintesi, un progetto di educazione linguistica come educazione al plurilinguismo dovrebbe fondarsi sullo scambio linguistico, sull’interazione, sulla condivisione come pratiche quotidiane nella comunità scolastica (dialogicità); sulla scoperta di regole, sulla costruzione di nuovi significati come risultato di percorsi che implicano rielaborazione cognitiva e uso delle abilità linguistiche (operatività); sulla fruizione e l’elaborazione di discorsi e di testi centrati su una pluralità di scopi (informarsi, acquisire conoscenze, comunicare, divertirsi, persuadere…: testualità) e sulla familiarità con gli usi molteplici della lingua (funzionali, creativi e letterari: variabilità).

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